Depositati Regione Lombardia. Intervento del Prof. Massimo Gandolfini di Prof. Massimo Gandolfini
Facendo riferimento alla “relazione introduttiva”, i punti salienti del PdL 76 sono:
- La costituzione di un centro di informazione e coordinamento, prevedendo anche un adeguato monitoraggio dell’obiezione di coscienza
- La conferma dell’attribuzione ai consultori familiari di una funzione centrale nel favorire il percorso di accesso ai servizi
- Adeguata presa in carico dei casi urgenti
- Informazione ed accesso gratuiti alla contraccezione in fase post- abortiva
Formazione del personale sanitario
In ordine a quanto sopra espresso, al fine di una chiara e completa valutazione delle richieste evidenziate nel Pdl 76, è utile una premessa con citazioni tratte dalla Legge 194/78
- ART. 1 “Lo Stato … riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio … L’interruzione volontaria di gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite … evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”
- ART. 2 “I consultori familiari istituiti con legge 405/75 … contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza… possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita…”
- ART. 5 “Il consultorio e la struttura sociosanitaria … hanno il compito, specialmente quando la richiesta di interruzione sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali … di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione … offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto … la informa sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso …”
Tutto ciò premesso, si propongono considerazioni critiche del testo PdL 76, suggerendo possibili implementazioni e modifiche:
- Art. 3, a) il consultorio familiare deve fornire un’informazione completa, riguardante anche gli aspetti di prevenzione enunciati negli articoli della legge 194;
- Art. 3, b): “La più ampia conoscenza dei diritti sanciti dalla 194” implica la proposizione del “consenso informato” come è prassi obbligatoria e consolidata di fronte a ogni atto medico-chirurgico. Ciò comporta l’esplicitazione dettagliata dei rischi legati alle procedure chirurgiche e farmacologiche legate alla IVG, le possibili alternative alla scelta abortiva, la possibile strutturazione della “sindrome post-abortiva”, e non solo dei “rischi che le pratiche clandestine comportano”;
- Art. 3, f): deve prevedere e comprendere le informazioni di creare condizioni che facciano recedere la donna dalla scelta abortiva, come la legge 194 impone. Inoltre, non ci si può limitare a monitorare i “rapporti numerici fra personale obiettore e non obiettore”, ma va documentato – dati statistici alla mano – l’impegno lavorativo per IVG richiesto per singolo medico non obiettore (rapporto numero IVG/medico). L’istanza avanzata di valutare “la qualità effettiva versus la qualità percepita” (una sorta di “customer satisfaction”) è inattendibile essendo priva di ogni oggettività e, pertanto, inaccettabile.
- Art. 3, j): nel fornire l’informazione relativa ai “farmaci contraccettivi d’emergenza” non si può prescindere dall’aspetto della possibile/probabile azione antinidatoria, cioè abortiva;
- Art. 6, comma 3: la somministrazione di farmaci da parte dei consultori non è compito previsto dalla legge 194
- Art. 8, comma 1: l’informazione completa circa l’utilizzo dei dispositivi intrauterini richieda che si descriva con rigorosità scientifica che il loro meccanismo d’azione è antinidatorio, quindi abortivo;
- Art. 9, 1.b: i corsi ECM non possono prescindere dall’insegnamento dei valori antropologici ed etici inerenti l’obiezione di coscienza
Più in dettaglio, vorrei soffermarmi su due aspetti di primaria importanza:
- Strutturazione ed incidenza della “sindrome post-abortiva”;
- Rilevazioni statistiche circa il rapporto numero IVG/medico non obiettore
Sindrome Post-Abortiva
Negli USA si incominciò ad affrontare il problema nel 1985 e l’allarme sociale su questo tema nacque da una serie di articoli pubblicati dal New York Times. Tralasciando per motivi di tempo/spazio la citazione di numerosi testi prodotti, mi concentrerò solo su quelli che ritengo oggettivamente più significativi:
♦ “Journal of Youth & Adolescence”, Colemann, 2006. L’aborto provocato è accompagnato da un più alto rischio di malattia mentale rispetto alla nascita non desiderata
♦ Lancet, vol. 372, agosto 2008. “Il fatto che alcune donne sperimentino problemi psichici dopo un aborto non dovrebbe essere banalizzato … Alle donne che scelgono di abortire occorre fornire un pacchetto accurato di cure successive, che includa l’assistenza psicologica, quando necessaria”
♦ Studio finlandese (Gissler, Hemminki, Lonquist, 1996): valutate tutte le donne in età fertile che si sono suicidate dal 1987 al 1994: il 5,4% dei suicidi era associata alla gravidanza. In dettaglio: 5,9% in caso di nascita di bimbo non voluto; 18,1% in caso di aborto spontaneo; 34,7% in caso di IVG
♦ Fergusson, Horwood, Ridder, 2006: impatto dell’IVG in giovani donne dai 15 ai 25 anni; in donne da 15- 18 anni, depressione nel 35,7% nel post-partum; 78,6% dopo IVG; donne dai 18-21 anni: 34,5% post- partum, 45,1% dopo IVG; donne dai 21-25 anni: 30,5% post-partum, 41,9% dopo IVG. Commento: le donne che hanno eseguito IVG presentano un maggiore rischio di depressione e tale rischio aumenta con il diminuire dell’età
♦ DSM III (1987) introduce la sindrome clinica legata al post-aborto nel novero del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)
♦ Major, Appelbaum, 2009: confronto fra disturbo d’ansia correlato ad IVG e quello correlato dal portare a termine una gravidanza non voluta. A breve termine, l’IVG induce una riduzione dell’ansia, ma a lungo termine si registra un netto aumento del disturbo d’ansia, che struttura una vera PTSD. In dettaglio: a cinque anni da IVG, 18% vera PTDS, 46% reazione semplice stress-correlata; a 12 anni da IVG: 14,3% disturbo d’ansia generalizzata
♦ Reardon, 2003: le donne che hanno praticato IVG presentano il 65% di probabilità in più di strutturare depressione rispetto alle donne che hanno portato a termine una gravidanza non desiderata.
In conclusione, è ormai ampiamente documentato che l’aborto porta con sé ricadute negative sull’equilibrio psichico della donna che lo subisce (aborto spontaneo) e in modo ancora più pesante sulla donna che lo provoca. La gravidanza – come la pubertà e la menopausa – è un momento particolarmente delicato per ogni donna, perché comporta significativi mutamenti biologici, fisici e psicologici: in questa condizione di maggiore vulnerabilità e fragilità, l’aborto può rappresentare l’innesco per l’insorgenza di meccanismi psicopatologici anche gravi. Per questa ragione, prevedere un “consenso informato” che contempli in modo chiaro e rigoroso la descrizione di possibili conseguenze psicopatologiche dell’IVG costituisce un dovere sociale e deontologico finalizzato ad una libera scelta che sia veramente consapevole. E’ quasi paradossale che la legge 194/78 – che prevede la possibilità di IVG per motivi di tutela della salute della donna – non preveda in modo altrettanto perentorio l’informazione circa conseguenze negative sulla salute psichica della donna.
Solo da una conoscenza completa e dettagliata degli aspetti medico- scientifici in gioco in caso di IVG può derivare una scelta libera e consapevole.
Rilevazioni Statistiche IVG Medici Obiettori – Punti Ivg Italia e Regione Lombardia
Questo secondo punto, avente caratteristiche numeriche/statistiche, lo affido ad alcune slide
I dati numerici nazionali documentano:
- ogni ginecologo non obiettore esegue in media 1,6 IVG/settimana (nel Lazio in alcune ASL 3,2 IVG/ settimana);
- il 92,2% delle IVG avviene nella regione di residenza e l’ 87,9% nella provincia di residenza
- nel 1983: 137,9 IVG/anno/ginecologo
- nel 2015: 68,5 IVG/anno/ginecologo Riferendoci alla relazione ministeriale del 2019, risulta che il 9,8% dei ginecologi non obiettori (in valore asso- luto, 146) nel 2017 NON HA ESEGUITO IVG perché le rispettive amministrazioni li hanno assegnati ad altri servizi.
In Regione Lombardia (fonte: relazione ministeriale 2019) 323 ginecologi non obiettori e 18264 IVG, cioè 56,5 IVG/ anno per ginecologo, pari a 1,3 IVG alla settimana per ginecologo.
I numeri confermano che il 30% dei ginecologi non obiettori è più che sufficiente a coprire le richieste.
Ritengo di aver dimostrato – numeri alla mano – che l’asserita emergenza legata ad una presunta “carenza di servizio IVG” è inesistente.
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