
Pasqua e dialogo interreligioso: “Egli ha fatto risplendere la vita”.
Abbiamo appena festeggiato una Pasqua particolare, celebrata nello stesso giorno dai Cristiani cattolici e ortodossi, e a pochi giorni di distanza dagli Ebrei. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Elena Dini esperta di dialogo interreligioso e cultore della materia “Storia dei Paesi Islamici” presso l’Università Roma Tre.
Dott.ssa Dini la sovrapposizione della data della Pasqua quest’anno è stata una coincidenza particolare?
La coincidenza delle date della Pasqua cattolica e ortodossa, in un anno in cui anche gli ebrei hanno celebrato Pesach nella stessa settimana, è stata un’occasione per condividere maggiormente la gioia di questi eventi centrali per le nostre comunità religiose. Sia Pasqua che Pesach, che nella tradizione ebraica ricorda il passaggio del Mar Rosso da parte del popolo di Israele, parlano di un passaggio dalla morte alla vita seppur con le loro importanti differenze.
Per le Chiese presenti in Terra Santa l’annuncio pasquale è arrivato non molte settimane dopo un evento storico che ha visto protagonista proprio la basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il 22 marzo 2017 si celebrava infatti la cerimonia ecumenica alla fine dei lavori di restauro dell’edicola che protegge quel sepolcro vuoto che è stato “testimone” della resurrezione di Gesù. La fruttuosa collaborazione fra le comunità che custodiscono il Santo Sepolcro (greco-ortodossa, cattolica latina ed armena) e che gestiscono quei pochissimi metri quadri così centrali per la fede cristiana ha parlato al cuore di molti ed è stato un assaggio della vicinanza ecumenica per la quale le varie comunità costantemente lavorano.
Molte sono le schiavitù e i tentativi di togliere dignità alla vita dell’essere umano: il non vedere più chi soffre accanto a noi, l’accettare che ci siano vite di serie “A” e vite di serie “B”, ogni attacco violento alla vita. Elena Dini.
Festeggiare il passaggio dalla schiavitù della morte alla vita ha un valore aggiunto di fronte alle tante schiavitù e agli attacchi alla vita a cui assistiamo nel mondo?
A Pasqua celebriamo la vittoria di Cristo sulla morte, l’amore di un Dio che si è donato perché noi vivessimo in pienezza. Pasqua è il miracolo che ci attende nel sepolcro che diventa vuoto. Pasqua è la festa della vita, di quella vita insperata, che sorge anche quando abbiamo esaurito le forze e non vediamo via d’uscita. Sono molte le situazioni nel nostro mondo, nelle nostre società, nelle nostre famiglie che hanno bisogno di ricevere questa luce della Pasqua. Molte sono le schiavitù e i tentativi di togliere dignità alla vita dell’essere umano: la corsa al successo ad ogni costo, l’individualismo esasperato, il razzismo, il non vedere più chi soffre accanto a noi, l’accettare che ci siano vite di serie “A” e vite di serie “B”, ogni attacco violento alla vita.
Nella notte di Pasqua abbiamo recitato, ripetuto e cantato con gioia: “Cristo è risorto, veramente è risorto”. Mi piace pensare che quella ripetizione, quel “veramente” è l’invito a fare nostra la resurrezione di Gesù. Non solo Gesù è risorto 2000 anni fa ma continua a risorgere nelle nostre vite e nelle situazioni in cui la vita è sotto attacco, se glielo permettiamo.
Può capitare che il dialogo interreligioso sia visto come una minaccia per l’identità ma la strada del dialogo è davvero un percorso fatto di rinunce? Il valore della vita può essere un denominatore comune?
Nel dialogo interreligioso possiamo metterci davanti ad un’altra creatura di Dio che crede nella Sua esistenza e che cerca di vivere la sua vita in risposta a questo credo. Possiamo ascoltarla, scoprire come guarda Dio e come entra in relazione con Lui e imparare qualcosa da lui/lei. Alcuni credono che per dialogare, per vedere la bellezza dell’altro nel suo essere credente, per rispettarlo si debba “annacquare” la propria fede e rinunciare alla “verità”. Nel dialogo invece si vive proprio l’opposto: si va incontro all’altro con sincerità e rispetto. Riguardo al termine, “verità”, spesso al centro di tante polemiche, mi piace riportare una densa riflessione di Benedetto XVI durante l’omelia del 2 settembre 2012, a conclusione del tradizionale seminario estivo dei suoi ex-allievi, il cosiddetto “Ratzinger Schülerkreis”: «Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’ la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi. Penso che dobbiamo imparare di nuovo questo “non-avere-la-verità”».
Facciamo un passo indietro al 1965 quando Paolo VI promulgava la dichiarazione conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate. In quel testo leggiamo: « La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.» In questi ultimi 50 anni la Chiesa ha sostenuto vari sforzi di dialogo e continua a farlo convinta che dialogo e annuncio non siano in contrapposizione, come spiega papa Francesco nell’enciclica Evangelii Gaudium dove definisce il dialogo un «dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose» (EG 251) mettendo in guardia allo stesso tempo riguardo ai rischi di sincretismo.
Oltre alle differenze fra le varie religioni, che vanno riconosciute, ci sono anche tanti valori comuni sui quali sempre di più i singoli credenti e le comunità si incontrano e dei quali discutono. Proprio ieri ero ad un incontro con varie esponenti delle diverse religioni sul tema della cura del creato e incontri del genere, soprattutto nelle nazioni a più alta diversità religiosa, avvengono spesso. Esiste un dialogo teologico che è prevalentemente riservato agli esperti ma esiste anche un dialogo della vita quotidiana e delle opere nel quale i comuni credenti si incontrano per portare avanti questioni considerate importanti. La vita, in tutte le sue forme, sicuramente è uno di essi, se non il primo per cui l’invito che mi sento di condividere è quello di sperimentare l’incontro, scoprire l’altro e camminare insieme.